SCHOOL OF MET
O meglio, forse più che un percorso, un vero e proprio travaglio… in senso metaforico, s’intende.
Senza voler ricadere in troppa retorica o romanticismo, tutto ha avuto origine quando, nel mese di settembre dell’anno passato, con la riapertura delle scuole è coincisa anche la riapertura dei teatri.
Il progetto è nato proprio dalla volontà del teatro Metastasio di Prato di creare una scuola, ma non una scuola come quella che frequentiamo dal lunedì al sabato, dalle otto di mattina alle una di pomeriggio, circa.
La scuola che il teatro aveva in mente era una scuola di resistenza.
La scuola che ha preso forma nei mesi successivi non era fatta di banchi, lavagne, gessi, lim, campanelle. Era una scuola senza muri, soprattutto di quelli mentali, in cui il principale insegnamento scaturiva dalla riflessione, dallo studio di sé prima che di ciò che ci circonda. Secondariamente veniva introdotto lo studio della realtà, del qui ed ora, della società nelle sue complesse e paradossali relazioni tra esseri umani ed altri esseri umani, tra esseri umani e natura, tra esseri umani ed il cambiamento, e la paura che ne consegue.
Nella scuola di resistenza del teatro Metastasio non c’erano professori, né presidi, né collaboratori scolastici, c’erano però scrittori, giornalisti, sociologi, antropologi e teatranti ben più grandi di noi studenti, con qualche certezza in più sul futuro e qualche anno di esperienza alle spalle, ma ugualmente aperti al dialogo, allo scontro ed all’incontro di idee, riflessioni, domande, dibattiti, superando e forse un po’ anche abbattendo quella barriera invisibile che purtroppo spesso allontana e divide le generazioni in compartimenti stagni, senza permettere così un semplice, sano, vivo dibattito.
Non c’erano verifiche o interrogazioni, c’era un tipo di investimento diverso, incentrato unicamente sullo sviluppo di sé, della propria identità, del proprio pensiero, tramite la relazione con l’altro e col mondo.
Perché poi, se uno ci pensa, la scuola è proprio questo. È fare proprie quelle che sono le storie vissute da altri e mandarle giù come si fa con un sorso d’acqua, per poi ulteriormente ri-elaborarle, farle proprie, conoscerle per farle conoscere ad altri.
C’era la volontà e la necessità di parlare, di esporsi e prendere posizione circa i più svariati temi con i quali entriamo in collisione giornalmente a partire dalla crisi climatica, dal razzismo, intersezionalità e disparità di genere, il tema delicato della salute mentale e l’approccio ancora più precario che si ha ad essa, per arrivare al concetto di abitare e di vivere e poi il significato e la condizione di vivere in (e vivere il) carcere. E niente è stato più liberatorio che parlare sentendosi ascoltati e visti e capiti, soprattutto in questo periodo di distanziamento, di approssimazione e distacco, soprattutto a questa età fatta di domande senza risposte, di dubbi, di incertezze ed anche un po’ di potenziale ingenuità.
La school of Met è stato un grande ed ambizioso progetto, ma al contempo anche una grande boccata d’aria fresca, di presa di coscienza: ognuno di noi può fare la differenza, ché poi, alla fine, basta volerlo.
La scuola di resistenza del teatro Metastasio è stata una mano tesa con un fiore ancora chiuso, un frutto ancora acerbo, che col tempo ha trovato terreno fertile per maturare, per schiudersi e rendere la vita più colorata, più saporita.